A Pitti i manichini? Quest’anno ho visto persone

A Pitti i manichini? Quest’anno ho visto persone

Quest’anno al Pitti i soliti manichini uguali da diciotto generazioni non li ho manco visti, perché non ho avuto la minima intenzione di cagarli, cioè guardarli. E non mi sono persa niente. M’è caduto l’occhio solo su un tizio secco quanto una matita mangiucchiata anche sui lati che s’era vestito da donna. Ho pensato che tu, uomo, ti puoi certamente vestire da donna, a patto che davvero tu paia una donna, se vuoi almeno un discreto effetto estetico.
Ho pensato che a me dello streetstyle frega meno di zero, voglio essere nominata per quello che scrivo, per le mie vecchie insegne che fotografo, per il mio stile da nonna Pina, ma non per quella che “sta fuori”, che io fuori ci sto già abbastanza (di testa). E se poi capita che mi fotografano, ovvio, sono felice.
Insomma, quest’anno sono stata bravissima a mettermi i paraocchi nel momento in cui dovevo zompettare da un padiglione all’altro, e ho fatto la scelta giusta, dato che è stato uno dei miei migliori Pitti di sempre, anche se in generale io amo alla follia questa manifestazione.
Non mi sono concentrata sui mentecatti, bensì sui marchi, sulle persone che erano lì per dire qualcosa di concreto, e sì, sugli amici. Anche se ho avuto la tentazione di prendere a sonori schiaffi certe prime “donne” che sono davvero convinte d’essere l’incarnazione di Gesù Cristo, quando invece sono precisamente il nulla cosmico. Ma è durato cinque minuti, poi ho pensato alla loro intrinseca sfiga e allora ho capito che sarebbe stato come dare schiaffi all’aria: inutile.

Per questa edizione ho dichiarato vincitore un marchio, Paltò, per diversi motivi: il primo è che sì, io amo le stampe pazze, ma adesso sento il bisogno di “normalità”, del “c’era una volta”, a dire il vero io sento sempre questo bisogno, di vedere un uomo con la testa attaccata sulle spalle, che se lo guardi vedi un uomo con la “u” maiuscola; che magari è un playboy, magari uno che compra il quotidiano al mattino solo perché fa intellettuale, ma poco importa, è un uomo. Il secondo motivo è perché tutti gli uomini di famiglia hanno un paltò, mio papà per esempio ce l’ha spigato, e quindi per me un cappotto così rappresenta per me un valore importante, che è appunto quello della famiglia. Poi c’è il terzo motivo, che è Luca Paganelli, il fondatore, che è anche un mio ex compagno di Polimoda, una persona davvero splendida nella sua ammirabile semplicità, che come ho già scritto nella mia pagina Facebook, mi ha sempre rispettata (cosa non comune nella mia classe, ma questa è un’altra storia). Insomma, Paltò è un marchio che sento mio e che sosterrò, perché quando ho varcato la soglia di quello stand ho avuto svariate epifanie, me a camminare a New York con un completo pied-de-poule, come ce l’aveva Lauren Bacall in quel film con Humphrey Bogart, Marcello Mastroianni in macchina con Claudia Cardinale a parlare di cose apparentemente vane, quando invece sono solo filosoficamente contorte, e Faye Dunaway incrociare le gambe con un paio di calze bianche e un cappotto arancione. Li ho visti tutti, e per me questo è moda: qualcosa che faccia scattare l’immaginazione grazie alla sua bellezza.

Un altro marchio che continuo ad amare è Maison Marcy, un concetto più che un brand che continua nella sua totale coerenza a migliorarsi di stagione in stagione. Mister Marcy fa pigiami con cui ci si “può pure uscire a comprare una baguette sotto casa”, e vestaglie che in realtà sono cappotti. Trovo tutto ciò così chic, semplice, sofisticato, emozionante allo stesso tempo, o no? E poi anche qui vale la regola del “chi li fa belli (i vestiti) è bello”, e infatti Marcy è una persona meravigliosa, che crede in quello che fa, che ama il suo lavoro, i suoi pigiami. Io continuo a tifare per lui.

Eh sì, il bello di Pitti sono le persone, ne conosci di nuove, favoloso il team di Sprayground, e pure i suoi pazzi zaini, rivedi i tuoi amici, come Alex di Mitchumm Industries 1976, che propone sempre un dandy moderno e ironico, e che so quanta grinta mette in quel che fa, per questo si merita tutto, scopri che un vecchio amico della tua città, Arezzo, si è dato da fare a creare scarpe divertentissime, ovvero Matteo Tugliani che ha partorito Moa, e ha presentato una collezione in collaborazione con Disney.

Poi c’è da dire che ho avuto una sorpresona: entro da Geox, faccio un giretto e trovo un magazine, che afferro e scappo.
“Sì, è il numero della Primavera, quindi è quello”, penso.
“Vuole un magazine signorina?”, mi dice la hostess.
“No, cioè sì”, rispondo intimorita.
Cerco un marciapiede, un muretto, un punto d’appoggio, perché per certe cose serve un supporto e apro: terza pagina, Lucia Del Pasqua, Editor. Sì, ho scritto il magazine Geox, e per me è stata una cosa fantastica. Io credo in Geox, credo nel suo aspetto tecnologico e credo nel suo aspetto fashion. Ci credo perché è una marchio che ha coraggio, che accetta sfide senza paura, che guarda avanti e combatte, e poi c’è sempre. Quindi ovvio quando mi abbiano chiesto di scrivere il loro magazine (che si trova nei negozi di tutto il mondo, e anche online) abbia accettato entusiasta, perché Geox non è un marchio “scontato”.
E anche questo è moda come intendo io: collaborare, lavorare a fianco di brand a livello editoriale e provare immensa gioia quando ne vedi i risultati, quando a sfogliare le pagine del giornale ci leggi non solo quello che hai scritto, ma tutto quello che hai fatto per scriverlo e a come ci sei arrivata a scriverlo.
Di adidas originals ne ho già parlato, e con questa chiudo dicendo che l’edizione 89 me la ricorderò sicuro.

I miei look sono P.A.R.O.S.H.

Paltò

paltò_pitti2016

Geox (foto dal mio Instagram)

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Bensimonbensimon_pitti2016

Bucketfeetbucketfeet_pitti2016

Brescianicalzini_pitti_bresciani

Carlo Volpicarlo_volpi_pitti2016

ChampionChampion_pitti2016

Circle of Gentlemancircle_of_gentlemen_pitti2016
Converseconverse_pitti2016

Cor Sine Labe Dolicor_sine_labe_doli_pitti2016

Element Element Eden_Pitti2016

Globeglobe_skateboard_pitti2016

Happy Socks + Royal Enfieldhappy_socks_royalenfield_ptti2016

If Bagsif_bags_pitti2016

Invictainvicta_pitti2016

Maison Marcy maison_marcy_pitti2016
Matchless Londonmatchless london

Mitchumm Industries 1976mitchuum_pitti2016

Moa + Disneymoa_disney_pitti2016

Parafina parafina_pitti2016

Normz Eyewearparosh_look

Rosasenrosasen_pitti2016
Serapianserapian_pitti2016

Shirt StudioshirttudioPitti2016

Solovièresoloviere_pitti2016

Sorry, I’m notsorry_imnot_pitti2016

Spraygroundsprayground_piti2016

Saraghinasraghina_pitti2016

Sunboosunboo_pitti2016

Tesitesi_pitti2016

Vibramvibram_pitti

Wize & OpeWixe&Ope_pitti2016

Cor Sine Labe Doli + Wood’dwood_cor_sine_pitti2016

Comments are closed.
  1. Madame La Gruccia

    18 January 2016 at 22:36

    Infatti per me lavorare è lavorare, e quando vado ad eventi di moda so che la comodità viene prima della figaggine.

    L’unica volta che c’ho provato mi sono maledetta per essermi auto-procurata le vesciche ai piedi che manco quando andavo agli scout e camminavo così tanto da consumare i calzettoni negli scarponi, coi talloni che poi sfregavano contro il Gore Tex.

    Insomma, press day? Jeans, sneakers e via.
    Fashion week? Idem.
    Che io l’autista micacellò.

    Baci
    Ang
    http://www.madamelagruccia.blogspot.it