Mi piacciono le feste, specie se sono “personali”. Mi spiego meglio: mi piacciono le feste dove si festeggia qualcuno o qualcosa. Non mi piacciono i party dal tema inesistente da bicchiere in mano, chiacchiera generica, musica lounge e sbirciatina con commento da vipera zeppa di veleno alla prima malcapitata fashionista che t’appare alla tua destra.
Quindi sono fan di matrimoni, compleanni, di certe “cause” in generale che conosco bene, e di cui pago volentieri le “conseguenze”. Insomma, sono felice se celebro qualcuno o qualcosa a cui sono affezionata.
Allora ormai lo sapete, ho sposato la “causa” iBlues da tempo, nel senso che sono fan del marchio, prima perché giovane, solare, soprattutto portabile, secondo perché come già detto rappresenta, da addetta ai lavori, un buon esempio di buona organizzazione, nel senso che qualsiasi cosa abbia mai imbastito iBlues (eventi, iniziative, etc…) ha sempre passato la prova “Lucia Del Pasqua”, che è una mica tanto facile.
Quindi ho deciso volentieri di pagare le conseguenze della causa 40esimo compleanno di Iblues festeggiando con in alto calici stellati, colleghe stellari e palloncini colorati tutti da scoppiare.
Dato che per l’occasione è stata lanciata la capsule collection Anniversary di cui fanno parte abiti di decadi dagli anni Settanta ai Duemila, ho scelto una decade, e quindi un vestito, e sono andata alla festa.
Non è molto difficile indovinare la decade che ho pescato, cioè quella più “sobria”, anni Ottanta a manetta, e nemmeno azzeccare quanto sono impazzita, da uno a dieci, a giocare con i palloncini (dicono che più invecchi, più regredisci).
Piuttosto ho fatto un’interessantissima ri-scoperta che mi ha riportato nel fantastico mondo dei lacrimoni felici e degli zaini Invicta: i Frizzy Pazzy. Al secolo imbacuccati in dei “vestitini” rossi con degli sgambettanti Frizzy-Pazzy umanizzati, alla festa erano imbottigliati in boccettine stellate.
E che sia chiaro, i Frizzy-Pazzy non sono solo delle banali gommucce da masticare, ma dei gavettoni al cui interno ci sono ettolitri su ettolitri di memorie confuse che scoppiando tutte assieme, si sommano, ti fanno un tappo lungo tra cuore e cervello che esplode tutto insieme, accendendo la mina del passato invisibilmente tutta fuori dagli occhi. T’appaiono allora davanti delle cose che pensavi d’avere messo a bada in certi cassetti del cervello.
E da lì fuochi d’artificio di “acchiapparelli” nel cortile della scuola, di pause di catechismo a Sant’Agostino, della stanza della Lucia piena di barbie e di vestiti, delle vasche per il Corso con tremila braccialetti per polso, della signora con gli occhiali a culi di bicchiere che con 50 gradi sopra o sotto lo zero era sempre lì, fedele al suo indispensabile ruolo di venditrice di caramelle per grandi e piccini.
Che poi Nonsolofood non aveva mica apparecchiato i Frizzy Pazzy per gli anni Ottanta, perché ha abbinato ogni cibo ad una decade, ma per me rimangono comunque tra gli egregi rappresentanti degli anni Ottanta (e anche Novanta, dai), assieme alle “phonate” estreme, al Grillo Parlante, alle paillettes e ai righi sulle labbra marroni messi assieme a dei rossetti molto più chiari (e mia mamma in questo era la massima rappresentante).
Provo una particolare attrazione per quel tipo di trash, che poi a volte è glam, altre volte è spettacolo e altre ancora è semplicemente esagerazione.
Insomma, come a tutti i compleanni “in famiglia” che mi piacciono, ho parlato troppo, ho mangiato tutto quello che c’era da mangiare, ho bevuto alcool (in quanto rappresentante degli anni Ottanta mi sono fatta portavoce di Alexis Colby e dei suoi calici di champagne sorseggiati in vasche piene di schiuma – Dynasty), ho giocato (sì, giocato) con Elisa e Daniela, ho fatto foto, e riso tanto.
E adesso quasi quasi mi auto-organizzo un non-compleanno, sempre anni Ottanta, quindi con tonnellate di Crystal Ball dentro una Sala Giochi di Rimini, magari.
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