Non avrei mai voluto rischiare il dramma della disidratazione

Non avrei mai voluto rischiare il dramma della disidratazione

Quest’anno non mi sono divertita per niente. Per la settimana della moda, s’intende.
Non mi sono divertita per motivi che spiegherò meglio più avanti, in un post dedicato, ma sostanzialmente sono sempre gli stessi motivi che fanno capo ad uno: nella moda i contenuti paiono contare sempre meno, e l’immagine sempre e solo di più.
Peccato, ho sempre combattuto per sostenere il contrario, illudendomi d’un papabile cambiamento, ma per ora non è cambiato assolutamente nulla, anzi.
Chissà perché non si è capaci di arrivare ad un equilibrio tra immagine e contenuti. Ma è davvero così difficile?


A quanto pare sì, ed è per questo che ho fatto la settimana della moda in versione ridotta, o meglio come-pare-a-me. Cioè, non dovendo dipendere da me la sorte di una settimana in cui sembra che tutti si debbano ammazzare per il non mangiare, il non camminare (certo, tacchi 16 con plateau di 12, quindi in tutto 26), non avere una vita (sì, si parla di du’ stracci) ho pensato fosse meglio fare davvero quello che mi piaceva fare, fottendomene alla grande della massima “è sempre meglio esserci, fuori dalle sfilate, s’intende”.

Cosa ho imbastito dunque per questa fashion week, a parte fotografare, parlare e vedere alcune sfilate?
1) Ho mangiato. Indistintamente patatine fritte, specie dopo l’after da Philipp Plein, e sushi, sano e malsano insieme. Ho sempre tenuto in borsa un pacchetto di caramelle gommose, non avrei mai voluto raggiungere il dramma del deperimento.
2) Ho bevuto. Indistintamente champagne e succhi di frutta, non avrei mai voluto rischiare il dramma della disidratazione.
3) Ho indossato bei vestiti, perché andare in giro per la fashion week è un po’ come andare in chiesa alla domenica, è una tradizione mettersi vestiti bellini addosso. Non avrei mai voluto rischiare il dramma della poracceria.


4) Ho usato un telefono grazie al quale mi sono divertita un monte perché ogni giorno ho creato una schermata “matchy-matchy” con il mio look. In breve: l’HTC One M9 ha un’applicazione con la quale mi ci sono trastullata “poco”, che si chiama Themes e grazie alla quale si può creare una schermata personalizzata, sfondi, icone, tutto. Non avrei mai voluto rischiare il dramma di non avere un cellulare fashion (politan-0).
5) Ho lavorato, il che significa che ho adagiato il mio sedere su una scrivania e ho scritto, mandato mail, prodotto, mi sono esaurita con un motivo: portare a casa la pagnotta. Non avrei mai voluto rischiare il dramma della nulla-facenza attiva (street-style).


6) Mi sono arrabbiata nonostante ogni anno mi dico che tanto non mi arrabbierò più. Non avrei mai voluto rischiare il dramma della quiete, per me la tempesta è un must come il camo di Valentino.
7) Ho visto alcune amiche, non della moda, ci ho parlato e ci ho preso un caffè in Isola. Ebbene sì, ho rischiato il dramma di non essere presente alle sfilate per un giorno. Sono sicura che tutti hanno vissuto il dramma della mia assenza.

(Tranquilli, da brava fEscion blogger metterò i nomi dei marchi di ciascun vestito nei post successivi, e se proprio non potete fare a meno di sapere adesso i brand consultate il foglio illustrativo, cioè la mia pagina Facebook. Addio.)

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