La filosofia della frangia

La filosofia della frangia

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Ammiro le frange perché hanno il coraggio di cambiare, non hanno paura di smuoversi dalla certezza, dalla comodità (e dalla noia) dell’apaticità; preferiscono oceani a laghetti, maree a pozzanghere, che poi tanto le pozzanghere alla prima razzata di sole, scompaiono pure.
Ammiro le frange perché non stanno ferme un minuto, hanno l’argento vivo addosso, hanno in sé il baluardo dell’evoluzione continua, dando un colpo di coda al passato, che mai rinnegano, e infilandosi nel fascino e nel semi-gnoto del futuro, pucciando la testa nel presente.
Le frange sono nostalgiche, adottano la filosofia del “carpe-diem”, e sono visionarie allo stesso tempo.

Ecco, credo fermamente che la filosofia di vita frangia sia quella che più mi si addice, quella che sposo. Una filosofia in cui si guarda avanti con speranza, gettando una miccia sotto le gambe di quell’inutile paura che fa novanta, indietro solo con il sorriso, riconoscendo i propri sbagli e guardandoli come se fossero esperienza, non rimuginarci per troppo tempo lasciando che alla fine mangino te. Nessuno ci può divorare, possiamo solo essere nutrimento costruttivo e amorevole.
Una filosofia che riconosce come certezza l’evidenza, il qui e l’ora, non il passato smangiucchiato e mai digerito; le persone credono che lo smangiucchiato equivalga al già provato e quindi al certo, quando invece se non è mai stato digerito un motivo ci sarà. Allora o lo digerisci, o finisci mangiato, cotto e cucinato con le tue stesse mani in una pentola dalla quale poi non si risale mai, ha i bordi troppo alti e scivolosi, o se sì, è sempre troppo tardi.
Il tempismo, se gli stai antipatico, gioca brutti scherzi, quindi meglio non giocarci troppo.
Una filosofia in cui purtroppo si lotta e ci si difende, una frangia-botta in qua, e una frangia-botta in là, in cui ci si mette sotto, a scudo, per la maggior parte del tempo e che quando si esce si deve essere pronti a decidere se farci colpire (masochisti) o reagire ai colpi, perché non serve mai colpire per primi, la filosofia della frangia è per persone mature, non bambini che scalciano a caso come quei videogiochi anni Novanta fino a che non tramortiscono il bersaglio desiderato.
La filosofia della frangia non è da combattenti passivi, ma da combattenti “intellettuali”, anche se sembra, non si muove per caso, o se fa così lo fa solo perché quel caso è spinto dalla forza della bontà. Lascia dapprima sfogo agli impulsi, poi con una frustata ti rimette in riga ricordandoti che non viviamo mica nell’anarchia, che la violenza, verbale o fisica che sia, è roba da scemi.
È una filosofia che gioca a fare la figa solo per metterti alla prova, che ti dice “hey, ci vuole coraggio a cambiare sempre, a muoversi, ad andare avanti”, ma lo fa solo per testarti, perché lei in primis sa bene che invece il cambiamento è la naturale evoluzione dell’uomo, di quell’uomo curioso, visionario, felice (perché la felicità non può derivare solo da un mare piatto, le onde sono la felicità), a cui sembra di fare scelte epocali e complicate quando invece sono scelte naturali e sensate. Sì perché spesso il velo di Maya si mette sopra le scelte sensate, oscurandole, facendo vedere solo quelle superficiali, insensate; e se tu con le frange non lo spazzi via quel velo malefico, la tua vita sarà maleficamente triste.
Quella magica leggerezza delle frange.

Abito P.A.R.O.S.H.

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