Quando il cielo frega gli occhi a Mila

Quando il cielo frega gli occhi a Mila

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Ho ancora delle foto della Grecia da “smaltire”.
La Grecia, ormai come avrete capito, è un paese che amo follemente, o meglio, ho cominciato ad esserne ossessionata per un motivo, e poi ho continuato a volergli molto bene per altri mille motivi. In futuro, come ho già scritto, vedo molte primavere e inverni, anche autunni, poche estati, con me a godermi la meravigliosa solitudine e l’incredibile silenzio di un’isola greca. Devo solo sceglierla quest’isola.

Ok, adesso chiudo mentalmente gli occhi, e dico “mentalmente” altrimenti non potrei scrivere al computer, e immagino.
Ho aperto la finestra, la guardavo con la coda dell’occhio perché mi piace scrivere in qualsiasi posto sia vicino ad una finestra; era da un po’ che vedevo lampi.
No, non è il cellulare che lampeggia per le notifiche. Maledetto cellulare e maledette notifiche, che pretendono di levare pure reazioni alla natura per farle loro.
No, non è il mouse che luccica da sotto, manco fosse un diamante mille carati.
Mi alzo, apro la finestra, entra il deserto nell’oasi condizionata di casa mia, allora sì, è proprio il cielo quello che ha fregato gli occhi a Mila, uno dei due cuori della pallavolo (l’altro era Shiro, ovviamente), perché sta brillando nella stessa maniera di quando Mila stava per schiacciare, un attimo della sfida con l’avversaria.
È il clima da isola greca, afa, venticello, sacche lacrimali celesti belle gonfie, ed il “Naviglio non terreno”, quello aereo, sta per straripare. O sarà mica il Lambro, che qui quando vomita, fa un bel casino davvero.
Intanto da lassù evidentemente continuano a schiacciare senza arrivare ad un punteggio definitivo, perché i lampi aumentano, ma di acqua non se ne parla.
E invece no, ho chiuso gli occhi mentalmente, quindi adesso anche se realmente non piove, voglio immaginarmi di sì. Sta venendo giù il diluvio, magari mi aiuta a lavare via tutte le ansie che ho, ho troppe robe da fare, Milano dannata che mi dai sempre un sacco da fare, Milano dannata che rendi tutto fottutamente urgente, Milano dannata che giovedì metterai alla prova i miei nervi, la mia mente, il mio cuore, me tutta.
S’è rinfrescato, quasi quasi faccio una chiamata dal telefono fisso, come vorrei avere un telefono con i fili, uno di quelli che ti costringe a giocarci con quel filo, perché non potendo fare nient’altro alla fine arricci quel filo già arricciato.  Perché quando siamo al telefono facciamo sempre altro, piccoli altri gesti: camminiamo, ci tocchiamo i capelli, scarabocchiamo, rispondiamo ad una mail.
S’è rinfrescato, farò una chiamata dal telefono fisso con i fili senza toccare filo alcuno, ho deciso.
Chiamerò una persona che nella mia vita non c’è più, gli dico un paio di cosette, ma queste non vanno scritte, ma dette, scrivo sempre troppo, diamine.
Dopo che l’avrò chiamata, mi metterò a sedere dove ero prima, ricomincerò a vedere altri lampi, non quelli del cellulare, non quelli del mouse, a maledire le ansie, a voler fare una seconda chiamata, stavolta ad una persona che c’è nella mia vita, un’amica, gli dirò un paio di cosette, ma anche queste non andranno scritte, ma dette, scrivo sempre troppo, diamine.

E poi, tanti lamenti per nulla, Mila non ha mai vinto la partita, non ha mai mica realmente piovuto.

Gonna P.A.R.O.S.H.
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