Hamilton, lo scapestrato preciso

Hamilton, lo scapestrato preciso

amperesNon ho mai nascosto la mia ignoranza in fatto di orologi, non ho mai pensato in vita mia d’investire un patrimonio per un segnatempo, riuscire a vederlo come investimento, indossarlo per sperare che qualcuno lo noti e mi faccia i complimenti. Se volessi potrei portare in giro la mia Lina Frida, a gratis, e mi farebbero i complimenti tutti di sicuro.
Non sono mai riuscita a chiedere un Rolex d’oro per i miei diciotto anni, piuttosto chiesi un mese a Londra.

Con gli orologi ho un rapporto particolare: o devono essere divertenti, o mi devono ricordare degli oggetti vissuti, o mi devo innamorare comunque del loro passato, della loro storia.
Nel mio immaginario gli orologi sono oggetti con esperienza da vendere e con la quale ammaliare.

Poco fa parlai di Swatch, e di come io sia legata a questo brand per due motivi: è un pezzo della mia storia, e ha tanta ironia.
Settimana scorsa sono andata a scoprire un altro marchio, ben diverso da Swatch, se pur dello stesso gruppo, ma anticipo già, molto affascinante.
Hamilton. Che è come quei vecchietti arzilli, perfettamente lucidi ma estremamente pacati, che ha passato la guerra, momenti di gloria e d’avventura, uno di quegli ometti ormai stempiati che mette a sedere sulla panchina di legno del parco il nipote e gli racconta tutto, con il bambino lì immobile, con i pantaloncini corti, i calzettoni bianchi e le scarpe allacciate, che non può non fare a meno di dire “e poi, nonno?”.

Hamilton è il mondo dei treni, alla fine dell’Ottocento partorì il primo orologio da tasca che fornì poi alle Ferrovie Americane. Per noi digiuni del genere, le cosiddette cipolle.
Hamilton è il mondo dell’esercito, diviene infatti fornitore ufficiale dell’Esercito Americano per la prima guerra mondiale.
È il mondo dell’aviazione; i piloti delle linee aeree postali, i fratelli Picard per la loro escursione aerostatica ai confini della stratosfera e l’ Ammiraglio Byrd per la sua spedizione nell’Antartide avevano al polso Hamilton.
È cinema, e uno dei sui primi testimonial spontanei fu Elvis Prisley, che nel film Blue Hawaii indossava un meraviglioso “orologio-scudo” Ventura, che si portava anche fuori dal set; andando più sul recente tra i film con orologi Hamilton ci sono Man in Black e Interstellar.

Che vi dicevo? Hamilton è uno scapestrato preciso, curioso come una scimmia, sportivo cronico, amante della velocità e di tutto ciò che inietti in corpo una buona dose di adrenalina. Io lo capisco. 

“A causa” dei fantastici set allestiti il giorno del press day, mi sono immaginata l’Hamilton proprio al polso di Elvis, anzi, a dire la verità, quando ero rimasta da sola, e tutti gli altri giù, mi sono proprio immaginata Elvis seduto sullo sgabello, un po’ specchiandosi muovendo lentamente il mento a destra e a sinistra, un po’ leggendo alcune lettere delle sue fan, con il suo fidato parrucchiere a sistemargli il ciuffo; Elvis sbracato, agitato, affamato, ansioso, ambizioso, con quel meraviglioso orologio dorato e nero, più ambizioso di Elvis stesso, sbucare dai polsini della camicia e della giacca, pronto per mandare a quel paese l’argento dell’asta del microfono, perché tra l’argento e l’oro vince l’oro, per pregio.

L’altro set, dedicato all’aviazione, mi ha fatto venir voglia di volare, di seguire Nicolas Ivanoff nelle sue piroette aeree, magari a rischio vomito o qualche altra cosa, di viaggiare, di andare per mercatini.

Ed è questo che cerco negli orologi: la capacità di farmi sognare, immaginare, creare, è solo così che io mi innamoro.

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