La libertà di ridere è la ghigliottina del piangere

La libertà di ridere è la ghigliottina del piangere

charliehebdo

“Dipingi un Maometto glorioso, e muori.
Disegna un Maometto divertente, e muori.
Scarabocchia un Maometto ignobile, e muori.
Gira un film di merda su Maometto, e muori.
Resisti al terrorismo religioso, e muori.
Lecca il culo agli integralisti, e muori.
Prendi un oscurantista per un coglione, e muori.
Cerca di discutere con un oscurantista, e muori.
Non c’è niente da negoziare con i fascisti.
La libertà di ridere senza alcun ritegno la legge ce la dà già,
la violenza sistematica degli estremisti ce la rinnova.
Grazie, banda di imbecilli”.

Poesia scritta il 15 ottobre 2012 dal direttore di Charlie Hebdo, Charb, ripresa dal sito del Il sole 24 Ore.

Non mi importa se questo è un blog “fashion politan-o”, e che certi fatti in teoria non c’entrano una ceppa. Certe volte certi fatti c’entrano e basta.
E certe cose le senti, se dio vuole, un dio universale, generale, non un dio specifico, sottolineo, una volta “ogni tantissimo”.

L’altra volta, che per me è stata anche la prima, è stato quell’11 settembre del 2001. Avevo la televisione accesa, e ad un certo punto vidi il fumo, su ogni canale, tanto che penso lo vidi anche in sala, tra il tavolino di cristallo e il mobile marrone chiaro.
Avevo il telecomando grigio in mano, con i tasti i cui numeri erano ormai invisibili perché ci cambiavo canale quando mangiavo, con le dita sporche d’olio, cattivo vizio. Il mio culo era ben incollato a quel divano damascato verde, stavo nel mezzo, allora preferivo bivaccare con moderazione nel cuscino centrale, senza la comodità dell’angolo.
Non riuscivo a capire cosa fosse successo perché mi sembrava impossibile: davvero degli aerei erano andati a sbattere contro le Torri Gemelle a New York? Anche se ultimamente si parla di teoria del complotto e c’è chi sostiene che non ci sia stato nessun aereo dirottato ma che sia stato tutto un pretesto degli Stati Uniti per fare guerra all’Afghanistan, sono morte persone, parecchie.
Allora rimasi impassibile, senza né piangere, né ridere, e poi non c’era nulla da ridere, immobile con i gomiti appoggiati alle ginocchia.
Nella mia testa c’erano solo punti interrogativi. Il giorno dopo invece il sentimento principale era esclusivamente e comprensibilmente uno: rabbia. Ero una delle milioni di persone arrabbiate.
Cronologicamente prima c’è lo stupore, poi la tristezza, poi la rabbia e poi tutto insieme mescolato.

Ieri, 7 gennaio, è stata la seconda volta in vita mia. Ho provato quella stessa sensazione, con quasi il doppio d’anni, ma in certe situazioni la maturità non conta, la tragedia è una di quelle cose per cui non è necessario essere grandi o piccoli per capirla.
I fatti li sapete tutti, sono state uccise delle persone nella redazione del giornale Charlie Hebdo, fra cui il direttore e alcuni vignettisti.
Chi sceglie di fare il vignettista satirico sceglie di fare politica, di schierarsi apertamente, sceglie di avere le palle, e di non nascondersi dietro una matita, piuttosto di usarla per comunicare e combattere, è un fucile che uccide a suo modo.
Sceglie di andare in aule di tribunale, di essere odiato (ma anche amato), sceglie la democrazia nel senso più letterale del termine, tanto che alcuni la potrebbero scambiare per anarchia, sceglie tra la casellina “vita” e “morte”, “vita”, ma alcune scelte non sono personali, evidentemente.

Scrive Ezio Mauro nel più bel pezzo a riguardo che abbia letto fino ad ora:

“Oggi ciò che noi siamo è ciò di cui moriamo. Perché il terrorismo fanatico sembra esattamente consapevole di una nostra identità trascurata, mal sopportata da noi stessi, considerata stanca come le nostre istituzioni estenuate, la nostra democrazia ingrigita ed esausta […] Si chiama Occidente, cioè quella parte della cultura e del mondo che afferma di credere appunto nella democrazia come pratica che regge la cosa pubblica e la convivenza civile. Recuperata questa coscienza, dobbiamo prendere atto che proprio a questa identità è stata dichiarata una guerra mortale. Tanto più mortale quanto più i terroristi usano l’asimmetria come l’arma più potente, invincibile: kalashnikov contro la potenza disarmata di carta, inchiostro e idee, per esempio”.

La violenza delle armi contro il materiale meno realmente potente della carta.
Sasso, carta, forbice: ti taglio la lingua mettendoci una pietra sopra: è questo il gioco? Sì e non è divertente.

Ho letto mille cose sul web, quasi fino a fare impallare il mio mac. Su Il Post ho trovato questo:

“La BBC ha spiegato che Charlie Hebdo è l’ultima delle riviste di una tradizione ‘che unisce la militanza di estrema sinistra a una scurrilità provocatoria che spesso sconfina nell’oscenità’, nata nel Settecento in opposizione alla famiglia reale francese.
Il New York Times, in un articolo pubblicato nel 2011, lo aveva definito: adorato da molti, insultato da alcuni, ritenuto offensivo praticamente da tutti”.

Insomma, la libertà di ridere è la ghigliottina del piangere.
Mi vengono in mente le locandine del nostro livornese Il Vernacoliere, che quando ti ci fermi davanti c’è chi si scompiscia o chi s’indigna (lì si parla soprattutto di “topa”), le vignette del sempre nostro Forattini, e anche lui ha rischiato, non la vita, ma grandi rotture di palle, vedi quando fece la vignetta dopo l’attentato mafioso ai danni del magistrato Falcone: ritrasse la Sicilia identificandola idealmente alla testa di un coccodrillo che piange (invano) in seguito all’accaduto.

La democrazia prevede la libertà di stampa, ma poi la libertà di stampa è finta. Ti dicono di prendere le caramelle, ma poi in realtà o non te le danno più o se lo fanno, ti ci mettono sopra il veleno. E chi è sfortunato muore.
Chi ci crede rischia, e sono quei giornalisti, quei vignettisti che prendono il lavoro come una missione, è un po’ come andare in guerra, ci vai ma non si sa se torni. Non è contemplata la paura.

“Credere alla paura significa rinunciare alla libertà”, disse Charb in un’intervista a Sky TG24. E se non è un eroe colui che pronuncia tali parole chi è?

Ieri sono morti anche i vignettisti Cabu, Tignous e Georges Wolinski: li googoli e li vedi sorridenti, perché nella vita loro hanno scelto di far ridere dipingendo i punti deboli della società, ridere per non piangere; li googoli e vedi praticamente quasi solo vignette a sfondo sessuale, caratteristica tipica dei disegnatori di fumetti e di vignette. Chiamateli geni, liberi o pervertiti, per me sono tutte e tre le cose. Ieri per loro è stato un Carnevale: gli altri, “i cattivi”, hanno riso lasciando piangere il mondo intero.
Eppure quando vedi loro vignette quasi ti dimentichi che chi le ha fatte sia morto ieri.
Ma l’integralismo islamico è come la mafia, ci sarà sempre, e punirà sempre come farebbe un dio pazzo e ingiusto, chi non “è allineato”.
“A” deve essere “A”, non c’è speranza per chi ha più simpatia per “B”.

Là, in Francia, dove nacque il melodioso Liberté, Égalité, Fraternité oggi un po’ muore, e un po’ risuscita grazie alla forza del popolo francese, che non ha esitato a scendere in piazza con le matite alzate.
Ed è proprio questo che mi ha fatto piangere.
Non avrei mai pensato di dirlo, ma sono davvero orgogliosa del popolo francese.

#JeSuisCharlie

Il Vernacoliere

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Cabu

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CharbcharbForattini

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