Tinos, l’isola degli avanzi di cena del Signore

Tinos, l’isola degli avanzi di cena del Signore

Ci sono tornata. Che vi devo dire, ” è una bell’isola”, basta come giustificazione? Ci sono tornata e l’ho vissuta in maniera diversa dalla volta precedente, con meno fregola, o se volete anche con meno voglia di scoprirla tutta insieme. “Lentezza” è stata la parola d’ordine di questa vacanza.

Avevo voglia di riposarmi, di dormire, io che dormo o poco, ma non troppo poco, o il giusto, ma non stra-dormo mai. In realtà io sono una che non stra-fa in generale, chissà se sia un pregio, o un difetto, o nessuno dei due.
L’estate di quest’anno è stata diversa dalle altre, molto più riflessiva e tranquilla, non molto sole, cibo buono e cene in compagnia, molto spesso in pizzeria, nello specifico in una chiamata Garage, il cui proprietario parlava alla perfezione il riminese, nessuna droga e ubriacatura, perché come ho detto, io non ho mai strafatto, anzi in questo caso, nemmeno fatto. Saranno i trent’anni, o sono forse sempre stata così “noiosa”?.

Tinos è un’isola nella quale il Signore o chi per lui ha deciso di mettere i resti della cena. Mi piace pensare ad una leggenda, che mi sono inventata io, sul Signore che una sera abbia avuto una ricca, ricchissima, cena, e che sazio pur non avendo terminato le cibarie della tavola, abbia puntato il braccio sul tavolo, e come un tergicristallo di una Ford Ka, manovrato da destra a sinistra, avrebbe fatto cadere gli avanzi dal Cielo sulla Terra. Quegli avanzi di cibi più disparati, dolci e salati, avrebbero fatto un lungo percorso, e nel tempo si sarebbero trasformati in generi di animali, montagne, e colline, per andare a sparpagliarsi in certe parti del mondo. Una concentrazione particolarmente variegata sarebbe andata a finire in un pezzetto di terra dell’Egeo, difronte all’isola di Mykonos, dando vita a Tinos, l’isola “incasinata” per eccellenza.
Incasinata, perché, come già detto, con pianura e collina, con mucche e maiali, con verde e giallo, mare e terra, rocce e sabbia. C’è tutto, o quasi.

Il riassunto della presenza del “tutto” di Tinos è quel pomeriggio nel quale sono andata a Santa Margherita: una strada non molto praticabile, ma ormai sono pronta per l’Enduro, che passa attraverso mini boschi, quelle colline marroni con sopra due o tre casine, proprio come le disegni alle Scuole Elementari, quando la prospettiva diventa un optional, recinti con animali, e chiesette, disseminate come fagioli nella minestra della nonna.
In genere le chiesette sono tutte chiuse, ma decisi di entrare in una, provo, era aperta, e c’era pura una candela accesa, con vicino dei fazzoletti, una mini sedia di legno e uno spazzolone. In una chiesa tra le duemila. Ho provato dei brividi di gioia e paura. Forse il Signore o chi per lui voleva comunicarci qualcosa, o semplicemente dirci ciao.
Continuando il percorso, sono arrivata per caso in un monastero abbandonato, uno di quelli per cui se ti sbirci in una delle sue finestre scorgi ancora letti sfatti o tavole con tovaglie. Inquietante, ma certamente affascinante.
Guidando ancora, sono arrivata al mare, nella spiaggia degli Angeli, sempre a Santa Margherita, dove era già buio, e ho fatto il bagno con la luna piena. Quella sera ho perso una delle mie camicie preferite, perché c’era un vento talmente tanto forte che me l’ha fatta volare via, mentre io ero a mollo, incantata dalla Luna che governa le maree e il mio cervello. Vani i tentativi di ritrovarla, al buio, specie in una spiaggia alle cui spalle ci sono campi recintati (con la mia lucina del Sony ho scavalcato e provato a cercare, ma nulla), ma non me la sono presa. Era solo una camicia, e l’avevo persa lì, in mezzo alla bellezza.
Ecco, Tinos è la bellezza primordiale, senza botox, senza siliconi, aspra, disordinata ma naturale, acqua e sapone non per scelta, ma per forza, quella della natura.
Scendi, verso il mare, e trovi i fisicatissimi e le fisicatissime surfiste di Kolibithra ferratissime su social network e occhiali a specchio, sali verso Pyrgos e t’imbatti in due cristiani d’ottanta anni che se ne stanno seduti sul ciglio della strada con tutta la tranquillità dell’universo, forse ad aspettare qualcuno da salutare. Amo.
Quel giorno lo trovarono: gli chiesi dove fosse la cava di marmo abbandonata, la quale è stata fotografata, niente paura, la vedrete prossimamente, e l’uomo mi dette l’informazione guardando l’orizzonte, mentre la signora mi guardava curiosa con il fazzoletto in capo. Era bellissima.

A Tinos ho avuto tempo di seguire la luna, ero la sua follower numero uno, di ammirare la sua capacità di tuffarsi in mare senza tanti tripli carpiati mortali, anche perché lei è immortale, di ingrassare e dimagrire, di guidare da est a Ovest.
Ho avuto tempo di leggere, ma non ho letto, piuttosto ho guardato tanti documentari, avevo bisogno di immagini “facili”. Di andare in motorino senza pensare ad avere un appuntamento dopo. Di fare il bagno di notte da sola senza avere paura.
Se vai a Tinos devi avere tempo, per te e per lei, quella natura.

Foto scattate con Samsung NX30

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Comments are closed.
  1. sabrina

    9 September 2014 at 19:41

    Foto bellissime, Lucia, bellissime.
    Sabrina

    • Lucia

      10 September 2014 at 5:59

      grazie <3

  2. Federica Di Nardo

    10 September 2014 at 16:32

    foto sono stupende!!!

    Federica
    http://www.thecutielicious.com
    The Cutielicious

  3. Jessica Neumann

    12 September 2014 at 16:06

    Bellissime queste foto

    Cultureandtrend