Il bello di Bolle che balla

Il bello di Bolle che balla

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L’effetto è stato il medesimo di Wimbledon. Quando ho fatto l’annuncio non ufficiale: “Vado a vedere Bolle”, è stato un capitombolo di insulti d’invidia pesta tali che se li avessi raccattati tutti, insieme sarebbero bastati a riformare l’acqua del Po’. Non so se mi spiego.

Io da piccina non ho fatto danza classica, non ho mai avuto la passione della danza classica, ero quella della ginnastica ritmica io, degli allenamenti durissimi e intensissimi da bambina ad adolescente, poi ho preferito il teatro e il nuoto. Io volevo il nastro e la palla, volevo essere Ilary, e per un po’ lo sono anche stata.
Tuttavia, da buona italiana media, non nel senso negativo, ma nel senso che mediamente gli italiani lo amano, provo profonda stima per Roberto Bolle e profondo rispetto per l’Arena di Verona, anche se non è qualcosa di umano, ma la rispetto comunque nel suo essere così grande e bella, qualsiasi cosa sia.
E poi andare all’Arena di Verona a vedere Roby significa andarci vestita a modino, ovvero quel particolare rito dell’imbellettamento che una volta ogni morte di papa mi piace e mi gasa allo stesso tempo, anche perché il risultato finale è il sentirsi una figa.

Del mio look si è occupato lo staff di Mac, il mio marchio beauty preferito per diversi motivi: è colorato, è pop, ha uno dei rossetti che durano più al mondo, prende testimonial che non sono fighe di legno.
Ed infatti sono uscita dal negozio di Verona felice coma una (Del) Pasqua, con un eye-liner perfetto ed una bocca tutta da baciare (da chi non lo so, ma l’importante è che passi il concetto).
Un vestitino, diciottomila selfie allo specchio sostitutivo di quello di casa Del Pasqua, del The Gentlemen of Verona, prima di quello giusto da postare, e via a cena da Ugo, tra annaffiature d’acqua (piovana) e d’Amarone bello carico, per poi finalmente raggiungere lei, l’Arena.
Dicono che posti come questi siano magici, e io dico che hanno ragione, non so se perché siano “vecchi” (su di me il “vecchio” in generale fa sempre un bell’effetto), suggestivi o grandi e circolari, non lo so, ma è vero, l’Arena di Verona quella polverina magica perennemente sparpagliata su gradini e palcoscenico ce l’ha eccome. E forse ha dentro pure la cipolla, dato che ho rischiato di piangere diverse volte.

Roberto Bolle è mastodontico, tuttavia, per colpa della biografia che mi sono letta in treno, quasi per tutte le sue performance me lo sono immaginato quello scricciolo undicenne preso e messo a peso alla scuola della Scala a fare pliè alla sbarra, piccino ma il migliore. È senza dubbio il migliore interprete-ballerino di sempre, bello come il sole, espressivo robertobollosamente, non c’è altra descrizione (dovrebbero fare un aggettivo: lui è molto robertobolle).
C’era un ragazzetto invece, che poi è classe 1987, tale Daniil Simkin, che m’ha fatto tremare, m’ha fatto capire, a trent’anni, quello che per anni ho tentato di spiegare alla mia insegnante di fisica: le leggi della fisica sono relative, dipendono da determinati fattori. Altrimenti non sarebbe possibile che quel cristiano salti come una gazzella, perché non è una gazzella, è un umano, e stia su per diversi secondi, lì, fermo a volteggiare beato e nervoso allo stesso tempo.
C’erano ombrelli, impermeabili, freschino e nervosismo causa ritardi (pioveva), ma eravamo tutti belli (io di più perché avevo il trucco Mac), tutti eleganti, tutti perfetti nella coatta imperfezione dovuta ad impermeabili di plastica.
Il bello dell’Arena di Verona è anche quello: agghindarsi come si deve, vedere signore con bellissimi orecchini d’oro anni Ottanta, signori con cappellini sportivi (ma per la pioggia eh), ragazze acconciate a gran serata e vecchiette con abiti a fiori.

Il bello è stato Bolle, il ballo, quel bullo di Daniil.

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The Gentlemen of VeronaSAMSUNG CSC SAMSUNG CSC SAMSUNG CSC SAMSUNG CSC IMG_20140722_173851 SAMSUNG CSC SAMSUNG CSC SAMSUNG CSC SAMSUNG CSC

Da UgoSAMSUNG CSCSAMSUNG CSC

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