Non fate del surf una stupida tendenza

Non fate del surf una stupida tendenza

3riverswoods

Ai tempi fui capace di stare in piedi su uno snowboard, poi su uno skateboard, per quel che riguarda il surf mi sono fermata alle ginocchia, mi sono fermata al knee surfing. Lì a Kolibithra ho bevuto tanta di quell’acqua salata, mi sono fatta assordare, strizzare, comprimere il cervello in una bolla sottovuoto da sciabordii violenti di onde senza scrupolo alcuno, ho giocato al “torero marino” e alla fine non ho vinto. Non è stato un 1-0, ma uno 0,5-1.  Dopo cinque sessioni di surf non sono riuscita a far poggiare le piante dei piedi sulla tavola, ma solo le rotule.

Per questo sto facendo il count down all’estate, perché l’onda la devo vedere dall’altezza di 1 metro e settanta, la mia, non di un metro. Bisogna saper perdere, ma bisogna anche voler vincere.

Non avevo mai visto un surf dal vivo, intendo surf con persone non appartenenti ad un film cavalcare delle onde. Mai. Non avevo mai vissuto lo spirito dei surfisti, non avevo mai sentito parlare di onde, di venti, di centimetri.
Il mese scorso a Tinos ho vissuto un’esperienza “hippie”: surf, skateboard, pulmini Wolkswagen e capelli imbionditi dal sole.
Il mese scorso a Tinos ho fatto la differenza tra i veri e i finti “hippie”, quelli di Facebook, quelli che chiacchierano, quelli che fanno i fighi “senza la figa”. Perché via, parliamoci chiaro, adesso tutti sono surfisti (de sta ceppa), tutti sono motociclisti, tutti vogliono uno skateboard.
A Tinos “tutti” sono surfisti, non tutti motociclisti, e c’è chi le tavole le fa a mano. Con il cuore. Non perché su Facebook vedono più pagine sponsorizzate di marchi da surf, non perché vedono sui giornali uomini barbuti e tatuati cavalcare le onde, non perché su Pinterest il main trend è “surf”.

Quando ho conosciuto Giannhes Papazoglou ho conosciuto il significato reale di fare le cose con il cuore, quando sono entrata nel suo laboratorio è stato un po’ come fare un salto in una navicella spaziale ed andare a spasso nel tempo, anche se non so bene quale. Forse perché lì dentro mi sono totalmente dimenticata sia del tempo e in “quale tempo” fossi, perché ogni singolo oggetto era una particella di tempo a se stante, un’esperienza.
Ogni singolo oggetto aveva una sua precisissima disposizione, che poi io mi chiedo come sia possibile tenere ordine in un laboratorio. Evidentemente lo è.
Giannhes costruisce tavole, da surf e da skate, e afferra quegli oggetti come se fossero ingredienti per fare una torta: indora con l’olio l’impasto, con la colla il legno, e lo condisce con il sale, la pasta fissante.
È un gioco di cerchi isolanti che funzionano a contatto: quando Giannhes è a tu per tu con un pezzo di legno tutto il resto è nullo, quando tu guardi lui che lavora avviene lo stesso, probabilmente per osmosi.
È una storia di un ragazzo che abita in un’isola e che ha deciso di provarci. Ma non poteva fare altrimenti: il suo laboratorio, la sua casa, tutto quello che è suo trasuda la parola “surf”. Avverti una passione così forte che convincerebbe pure papa Francesco a salire su una tavola.
Avverti quelle vibrazioni positive, spontanee, pure, senza una minima sporcatura di intermittenza, che ti rigenerano meglio che una spa. Meglio perché il cervello si nutre di una passione così genuina da non sembrare vera.
L’emozione di Giannhes a spiegarmi il suo 3Rivers, il suo marchio appena nato, il suo imbarazzo, mi hanno fatto pensare a tutte quelle persone che non fanno altro che lamentarsi, che “sono costrette” a fare ciò che non amano fare.
Il fatto è che nessuno è costretto a fare niente, la vita è fatta di scelte, rischiose o meno, e se la mattina non vedi l’ora di scendere dal letto e mettere tutto il tuo entusiasmo in qualcosa in cui non vedi l’ora di incanalare tutte le tue energie vuol dire che davvero hai fatto la scelta giusta. Come ho fatto io con la scrittura: nessuna scelta di vita fu più azzeccata.
Come ha fatto Giannhes, a cui auguro di cuore un successo infinito, perché è davvero una persona che fa le cose con il cuore. Per vederlo, quel cuore, basta toccare e annusare quelle tavole.
E tutto ciò mi fa provare un rispetto infinito nei confronti di chi il surf lo vive come un pezzo di vita, e non come uno stupido trend passeggero, che finirà quando su Pinterest nascerà la nuova moda del nuoto sincronizzato, per esempio.

Per info su skateboard e tavole da scrivete un inbox qui (piano piano arriveranno siti/Instagram… con calma, nel rispetto della pacifica vita isolana).
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  1. Federica Di Nardo

    5 June 2014 at 8:55

    bello questo post!!!

    Federica
    http://www.thecutielicious.com
    The Cutielicious