L’ultimo trend delle fashion blogger? Chiamare l’avvocato

L’ultimo trend delle fashion blogger? Chiamare l’avvocato

condannata

E’ evidente che per poter fare la blogger ci vuole una sana botta di egocentrismo. Ho detto “sana”. E’ evidente che per potersi riparare da grandinate di insulti gratuiti o meno codesto ego debba avere una grana impermeabile con tanto di triplo strato.
C’è un piccolissimo dettaglio: le blogger, nel caso specifico le fashion blogger, che sono quelle più prese a bersaglio dalle altre fashion blogger, da cesse a pedali, da gay repressi e da donne insoddisfatte, sono umane, per questo motivo codesta grana impermeabile è molto possibile che ceda.
In altre parole: ci si può incazzare o ci si può rimanere male. Capita.

Se “una volta”, ma c’è ancora, c’era la tendenza a sparare merda a caso, a sparare insulti che millantavano di metterti al pari di una di piazzale Lagosta, ultimamente c’è un’altra moda nel fantastico mondo del fashion blogging: quella di citare il proprio avvocato.
(Commento) “Le tue scarpe sono orrende”
“Ne parlerò con il mio avvocato”
(Altro commento) “Ma cos’hai in testa?”
“Ti risponderà il mio avvocato”
Insomma, tutt’a un tratto, un po’ per causa di una mole eccessiva di commenti spesso non carini, un po’ perché l’ego ha subito l’effetto lievito di birra, pare che le blogger siano diventate delle celebrities codarde e paranoiche convinte di risolvere tutto con la parolina magica “avvocato”.
Pensare che ai miei tempi, quelli di Splinder (per chi se lo ricorda), pensavo che l’avvocato servisse solo per omicidi o sparatorie.
Nonostante io sia “famosa” per la mia lingua abbastanza pungente, non mi sono mai trovata in situazioni così estreme. Ero. La prima volta è successo con una tizia, grazie alla quale dopo avermi spammato le sue foto, i suoi comunicati e tra poco il menù di Natale dal 1989 al 2013, scrissi uno status su Facebook ringraziandola di fornirmi con tanta accuratezza ogni suo minimo spostamento giornaliero. Risultato: bloccata da Facebook. Fa troppo ridere, no? (è l’unico commento che mi sento di dare).

Adesso mi è successo una cosa ancora più esilarante, e qui si parla di querele, e manco a me, a qualcuno di molto più grosso di me con cui ho direttamente a che fare.
Motivo: inesistente. O meglio, si chiama mania di protagonismo.
In parole povere sono stata accusata di aver sparato merda contro una blogger X, e di conseguenza ripresa pesantemente da chi di dovere, perché la blogger X non ha esitato ad andare dal “Preside della scuola” a lamentarsi perché qualcuno le aveva sporcato il grembiulino.
Sapete che vi dico? Poco male, io ci credo in quella famosa ruota che gira. Come credo che prima di sputare sentenze così gravi si debba chiedere chiarimenti e spiegazioni. Ma evidentemente io sono una “vecchio stile”.

Tale blogger si è comunque persa un grosso pezzo riguardo il mio stile di scrittura e la mia scelta di essere sempre trasparente, per questo motivo rinfresco ora le idee: ogni volta che parlo di qualcuno non esito a mettere link dell’interessato/a, cosa che è sfuggita ai più, evidentemente. E se non metto link, non ci sono mittenti diretti. Non mi sembra difficile.
Numero due: se certi blog si chiamano “Hello”, “How are you” o “I am a bitch” non è certo colpa mia. I proprietari di certi blog dovrebbero essere consapevoli che i nomi dei propri siti sono prima di tutto espressioni in inglese, e poi nomi di blog.
Io talvolta uso espressioni in inglese, sbaglio? No, non sbaglio, e non sono l’unica.
La faccio breve: una mia espressione in inglese inserita in uno dei miei post-polemica è stata scambiata per un’offesa nei confronti di un blog dal nome inglese, e giù di minaccia querela e di riprese da parte del maestro.

Ho pensato a lungo sullo scrivere o meno questo post, alla fine ho deciso di sì, per diversi motivi, e qui parlo in prima persona, ma sono sicura che sia un discorso generale:
1)   Pronto? Ma la gente ce la fa??? (No, non ce la fa)
2)   Ho provato rabbia, una rabbia tale da volere sbatacchiare il capo (non il mio) sui muri, perché a me si può dire tutto, tranne che non abbia il coraggio di parlare, di fare nomi, basta guardare il mio blog per averne testimonianza; perché mi sono trovata a dovermi giustificare per una cosa che non ho mai fatto; perché mi sono vista “contro” persone che hanno sempre avuto fiducia in me, sconosciuti accaniti e persone palesemente spinte a sparare merda gratuita.
3)   Ho provato amarezza perché non tanto me in quanto Lucia, ma la mia professionalità è stata messa in discussione
4)   Ho avuto il mal di testa e di stomaco per un’azione che non ho mai compiuto
5)   Grazie a questo episodio ho capito quanto la mia vita sia piena di cose belle e veramente importanti (firmato da una che ha recentemente deciso di starsene in Grecia fino a tempo indeterminato tra pecore e asini), e che quindi tutto il resto, questo ridicolo resto, mi fa solo essere orgogliosa di come abbia deciso di portare avanti non solo il mio blog ma la mia vita
6)   Ho deciso che voglio continuare ad essere così: libera di scrivere a modo mio, che magari non è “il modo standard”, ma io non voglio e non posso cambiare per niente e nessuno
7)   C’è sempre qualcuno che cerca di farti cadere, a caso. E se anche cadi, poi ti alzi su un paio di trampoli chilometrici
8)   A distanza di poche ore dal (ridicolo) accaduto adesso ho voglia di spaccare il mondo (in senso positivo)
9)   Ogni giorno imparo sempre di più come non vorrei essere, quindi come vorrei diventare
10) Dammi una mazzata oggi, te ne arriveranno cento domani

Non voglio perdere altro tempo dietro a questa baggianata, ho una nuotata al fresco da fare, delle mucche da accarezzare, delle pecore con cui “parlare” e del pane fatto in casa da mangiare (con vista mare).

Ah, ovviamente per chi volesse vedere il pezzo incriminato, spiacente, l’ho dovuto rimuovere.
Ora scusate devo parlare con il mio avvocato: devo querelare la Hogan, continua a fare scarpe troppo brutte.

Comments are closed.
  1. Annamaria Maisto

    22 April 2014 at 15:10

    Stima profonda ,sei una delle poche Blogger che leggo, forste l’ uni ca di cui aspetta i post. Continua cosí Lucia e non Ti curar di loro, goditi la Grecia, salutami le Mucche e fatti un bagno per me!

  2. Nina

    22 April 2014 at 15:26

    Seguendoti spesso so di cosa parli e avendo letto il pezzo “incriminato” (beh va beh) credo di aver capito chiaramente la questione. Inutili le solite frasi vere, ma di circostanza “sii superiore” “lascia stare”; solo un’umile constatazione: leggendo il pezzo, per la prima volta da quando ti seguo, mi sono ritrovata non del tutto d’accordo con te e proprio per questo motivo, qualche giorno dopo, avrei voluto lasciare un commento ma la ricerca dell’articolo (ora capisco perché) era risultata vana. Lo faccio oggi, quindi: ecco perché non amo chiamarmi e farmi chiamare fashion blogger, nonostante sia il termine più appropriato per quello che faccio. È inflazionato, usato da cani e porci ma soprattutto da persone prive di ogni tipo di capacità di ragionamento logico, di contenuti, di stile. Persone piene di arie e vuote del resto da non arrivare neppure a capire il senso di due parole messe una dietro l’altra a comporre un periodo; persone insomma come quelle che hai incontrato tu ( e che nessuna in particolare si senta offesa, il discorso è generale quindi nel caso offendetevi non una ma tante) Quindi nonostante possa risultare eccessivo o inappropriato usare titoli come fashion editor o stylist, io ho deciso tempo fa di scegliere il male minore. Quando, Dio voglia, un giorno avverrà una scrematura naturale e il nome fashion blogger tornerà a rappresentare solo quella minoranza meritevole allora sarò lieta di indossarlo come una veste, a testa alta. Complimenti a te e a chi come te, nonostante tutto, si definisce col proprio nome,fashion blogger, al di là del carnaio che la categoria, ad oggi, comprende. Ti stimo!

  3. beepbepp

    24 April 2014 at 7:59

    Parliamoci chiaro: il problema molto spesso dato dagli uffici stampa che coinvolgono persone a caso e che, dal paesino di provincia all’evento di Pinco Pallo, pensano di aver fatto il botto. È questo che alimenta progressivamente l’egocentrismo di queste pezzenti.

    Il problema è che gli uffici stampa lavorano con numeri: più blogger hai portato maggiore è il successo per il cliente, non fa nulla se hai portato gente che non sa lavorare o peggio ancora che compra fan/like/etc. etc. a nastro…

    Sono un Blogger e per passione mi occupo di un altro settore dove, grazie al cielo, è tutto molto più pulito.

    Capita però che quando arrivano le “Fashion Blogger”, specie alcune tristemente “note”, ci si senta a disagio… perché persino avere la parola “Blogger” in comune con certa gente è lesivo della propria professionalità.

    Ma la ruota gira Lucia… lasciala girare… 😉

  4. Nadia

    25 April 2014 at 16:10

    Io penso che certe persone si diano TROPPA importanza. Della serie: ma chi ti guarda?(per non dire peggio).
    Continua così ti prego, sei un faro nella nebbia in questo mondo di non-fashion blogger che si credono Anna Wintour in massa.

  5. milandailyphoto.com

    25 April 2014 at 22:03

    chiamo il mio avv perchè hai parlato male di piazzale lagosta,dove mi reco ogni giorno a far spesa,LOL!!!

  6. Lago Blu

    27 April 2014 at 9:59

    Ah il vecchio splinder! Alla sua chiusura anche se annunciata per tempo non sono mai riuscito a salvare il mio blog! Comunque non ho un avvocato. L’età insegna ad ignorare. Ma forse è un errore?

  7. angelichic

    31 May 2014 at 15:08

    Grande scritto!!!
    http://www.angelichic.com

  8. Claudia G.

    8 June 2014 at 22:41

    Una delle virtù del web é poter parlare liberamente. O almeno lo pensar prima di diventare a mia volta una blogger. In realtà e meno facile di quanto si pensi mantenere il giusto equilibrio. Ma accidenti siamo umane no? Per questo stimo molto chi, come te Lucia, ha il coraggio di uscire dai binari prestabiliti (dagli altri ovviamente) e dire la tua con orgoglio. Brava! Devo prendere spunto da questa cosa…;) baci