Her: l’amore è cieco (ma ci sente)

Her: l’amore è cieco (ma ci sente)

 

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Sia lodato Gesù Cristo: dopo mesi vedo un film con palle e controcoglioni insieme. Del resto dovevo aspettarmelo dal co-creatore di Jackass e dalla mente di Essere John Malkovich, o forse no visto che un amore di Allen m’ha deluso come quando non dai lo zucchero filato che hai promesso ad un bambino.
Allora innanzitutto non lo so: non ho un’idea precisa sul fatto se Her sia una commedia, un film drammatico, di fantascienza, surrealista, o tutte e quattro le cose messe insieme, ma sinceramente non ci voglio pensare nemmeno tanto, la sola cosa che mi interessa all’attivo è che ho visto un film bello, ed ultimamente m’era parsa cosa abbastanza impossibile.

Il fatto è che c’è un equilibrio impressionante: quando c’è tristezza poi c’è il gavettone scoppiato d’ironia, quando c’è romanticismo poi arrivano le legnate di cinismo, quando c’è estrema gioia poi ci sono quei fantasmi gobbi dei punti interrogativi.
La storia la sapete, no? L’avrete letta: c’è quel pezzo di figo di Theodore Twombly che per lavoro scrive lettere d’amore per altre persone (voglio anche io un lavoro così), e le scrive dettandole ad un computer. Cioè: siamo nell’era super digitale (il futuro) ma senza digitare. Rimasto sotto ad un treno per un divorzio di cui continua a colpevolizzarsi decide di fare due cose, in ordine cronologico: provare ad una uscire con una tipa “normale” e poi ad installare un sistema operativo dotato di coscienza.
Esattamente come noi facciamo con Facebook, perché lo facciamo tutti, prima di uscire con la tipa che gli hanno consigliato guarda le sue foto online, e poi, dopo averla incontrata, quando lei le dice: “Tu non sei come gli altri, vero? Non è che fai lo stronzo e sparisci?”, il buono e sensibile Theodore s’impaurisce e sparisce, per  l’appunto si comporta da stronzo. Sarà anche l’era del futuro, ma mi viene il dubbio che il futuro sia adesso, perché ora funziona esattamente così: l’uomo ha una paura fottuta di tuffarsi in una relazione, nonostante alla fine sia quello che idealmente desideri. Benvenuti nell’umano bipolarismo moderno, dal quale purtroppo è impossibile uscire (perché gli scemi rimangono scemi).
Fallita la strada “umana”, prova così quella intangibile di una voce, e così Samantha, il suo sistema operativo che gli legge, risponde alla mail e gli funge da agenda, diventa la sua amante. La sua amante che accende e spegne dandosi una botta all’orecchio, dove si premura di infilare un bottoncino. La sua amante in un mondo in cui tutti camminano con bottoni alle orecchie e tutti parlano apparentemente da soli, e invece lo fanno con coscienze virtuali o direttamente con le loro mail/agende… Gli automi, eccoli. Ordini alla tua gmail di scrivere questa mail, dici “invia”, e la mail è scritta (non digitata) e inviata.

Il paradosso è che sono automi connessi: se da una parte le macchine, i dispositivi elettronici isolano le persone del mondo reale, dall’altra li mette insieme, li fa conoscere. Il punto è che ti chiedi quale sia il mondo reale se si può andare a fare un week end con una fidanzata surreale (una voce).
Il paradosso è che il film è intriso e zuppo d’amore, ma il messaggio è: l’amore è difficile, quando invece non è vero. L’amore con una donna in carne ed ossa è andato male, così perché non andare oltre le barriere fisiche ed innamorarsi di un’entità intelligente, simpatica e con cui puoi perfino fare sesso “immaginario” (che anche quello però pare reale)?.
Quindi è l’amore cieco o sono gli uomini che gli infilano due puntelli dritti sulle pupille?
Amy Adams nel film dice una frase, che secondo me non è altro che una di quelle frasette di impatto che nessuno capisce fino in fondo, ma dopo la quale tutti non possono che esclamare “wow, che frase, ora me la scrivo come status su Facebook”:
“L’amore è una forma di follia socialmente accettabile”
Io l’ho capita a fine del film, dopo che me la sono scritta sul telefono e riletta. Ma davvero vogliamo credere che l’amore sia follia? E’ proprio per questo che i rapporti vanno a rotoli: perché pensiamo che l’amore sia qualcosa di anormale. L’amore non è follia, l’amore ti porta a fare (sane) follie, ed è bello per quello, non perché sia malato per definizione.

Eppure Joaquin Phoenix, Theodore, sta quasi sempre male, è sempre solo e schivo, è smarrito: il divorzio è colpa sua (lui crede), la gestione di un rapporto normale gli pare impossibile e alla fine quando s’innamora di una voce scopre che lei ha altri 612 amanti (solo). Ma non è che la lascia, aspetta che lei sparisca e quindi si fa lasciare (tipico degli uomini del 2014, non solo del futuro).
Insomma: la tristezza di base deriva sempre dalla stessa causa: gli essere umani non sono più capaci di comunicare con altri esseri umani direttamente, ma un po’ meglio tra esseri umani ma tramite computers. E questo è grave. Sono però capaci di avere voglia di voyeurismo, anche solo immaginario, di desiderare sesso (vocale) in chat, pur non ci si trovi a faccia a faccia (ma il sesso non era una cosa prettamente fisica?). Bè, una cosa positiva c’è in questo tipo di comunicazione: l’immaginazione viene sviluppata alla grande.

Vedi Theodore: a quarant’anni imbastisce lettere che è una meraviglia e si diverte a giocare ancora con i videogiochi come un bambino, con uno schermo che non è manco touch screen, ma funziona come la Wii: ti muovi tu e fai muovere gli omini del gioco. A proposito, geniale, sublime, il personaggio sboccato e divertentissimo del videogioco che pur comparendo tre volte in tutto forse, rimane impresso in testa come un timbro di Equitalia.
Il buon Spike non ha lasciato nulla al caso: lui, l’ometto bianco del videogioco diventa uno dei più simpatici personaggi del film, e ancora, in ordine sparso: nessuno ha cravatte o cinture, bensì pantaloni a vita alta e camicie o polo, non ci sono macchine, non telefoni, ma delle mine agendine che funzionano per tutto.
Insomma nel futuro pare ci sia tanto di meno (meno cose reali, superficiali), quanto di più (dispositivi elettronici e digitali che aiutano l’uomo a s-connettersi con il mondo).

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