E’ stato un Triumph-o

E’ stato un Triumph-o

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Le cose sono due, anzi tre: o mi costruiscono apposta una moto di gomma, o mi forniscono un’assicurazione che copra tutto il copribile e ricopribile, o mi compro una moto e ci faccio quel che voglio (non che voglia andare a fare le impennate al Mugello o le sgommate a Quarto Oggiaro, sia chiaro).
Il riassunto delle precedenti puntate: dopo peripezie, avventure, misunderstanding, rocambolesche vicende ambientate nel centro di Milano, zona Nord, ho preso la mia patente per la moto, precisamente in un giorno in cui ho rischiato di farmi la cacca addosso una quindicina di volte. Il fatto è che ero molto nervosa, più che agli esami di maturità, più che quando detti il primo bacio.
Successivamente accade che Triumph mi propone una prova in strada (Yee Haw!), e poi mi avverte che per qualsiasi danno me la vedo io. Ansia.
Alla fine il test drive l’ha fatto Dimitris (che ha la patente da vent’anni) e io ho guidato solo per certi pezzettini “molto sicuri”. No perché le volte che sono caduta in moto durante le guide ero ferma. Non volevo cadere da ferma, rovinare una fantastica Bonneville, pagare dei meno fantastici graffi ed avere delle fantastiche palle girate per tot tempo. Non sarebbe stato fantastico. 
E quelle fantastiche palle, sulla Triumph, che tu stia davanti o dietro, non te le maciulli per niente come accade in molte altre moto, perché il sellino della Bonneville pare la seduta con massaggio della parrucchiera: è davvero una figata.
Quella non è solo una moto bella (perché è “normale”, ma anche un po’ vintage, quel vintage che piace a tutti, specie alle donnine), ma anche l’analogo di un seggiolino morbido del treno.
Detto questo, non aspettatevi review di cilindrate, cavalli (e nastri), potenze e sospensioni, perché 1) sono una donna, e per definizione di motori non ci capisco nulla, per di più non so parcheggiare 2) applico alle moto lo stesso concetto che ho della moda: come non mi interessa sapere i direttori creativi di tutte le Maison a memoria, non mi interessa sapere tutte le specifiche tecniche di una due ruote, mi piace andare in moto e basta. Fine del discorso.
Perché mi piace andare in moto? Per il senso di libertà? Perché sopra ad un più o meno morbido sellino di un “aggeggio” che va più o meno forte ti senti inevitabilmente più figa? Perché la velocità ti da adrenalina? Negativo. Io poi non amo la velocità, amo “passeggiare” in moto (se adesso mi sente un motociclista mi espelle dall’ordine dei motociclisti).  Il fatto è che le macchine non mi garbano, e mi garba invece tutto il resto che è “bipolare”, tipo le biciclette e le motociclette, appunto. Così si sentono vento, sole, caldo, freddo, così si vede il panorama, così si ha un contatto più “diretto” con il mondo. Secondo me.

Insomma: siamo andati al Lago d’Iseo, dove abbiamo mangiato delle patatine fritte nell’olio di seppie, e di conseguenza rischiato di vomitare la pizza margherita surgelata ingurgitata prima sempre nel medesimo bar, fatto foto a vecchi omini e a giovani papere, fatto due passi (due in croce) e goduto il sole (dopo due giorni è tornato l’inverno).
Alla fine della giornata ho capito una cosa: io una moto me la devo comprare, rivestita o meno di gomma, che rimbalzi o meno, ma me la devo comprare.

Giacca, guanti, T-shirt e moto: Triumph

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In order for me to ride a motorbike, there are only three ways to go about it: I would either have someone make an indestructible rubber bike only for me, or I would be offered a total, all-inclusive insurance, or I’d buy a motorbike and really use it in every single crazy way I would ever want (e.g. fall flat on my face when the bike is stopped).
Now, in the following phrase, I’ll give you a quick summary of the first episodes in my newly-found life as a motorbike rider: after a series of mishaps, misunderstandings and other surrealistic events that took place in the centre of Milan, I finally got my driving license. And on that day I nearly pooped myself, for I felt more stressed than i did during my high school exams.
And then a day came when Triumph asked me if I wanted to try one of their motorbikes on the road (Yee Haw!!!). But then they made me sign a paper that said that in case I broke anything on it I should simply pay for its repair. And that gave me a ton of nervousness. So, I admit it, in the end, Dimitris rode the bike (he got his own driving license 20 years ago and has been riding bikes since) – but I did drive a bit on a couple of “safe” little streets here and there. But do cut me some slack – I am a newbie, plus I wouldn’t want to crash and pay damages on top of everything… no, thanks.

Anyway, whether you’re the driver or the passenger, the Boneville is so comofortable – no less comfortable than this big hairdresser chair where they massage your neck and back! But if you expect me to go on doing a review of this motorbike, I’ll disappoint you. First, because I’m a woman, and by definition I don’t understand anything about motors and secondly because I have a complete disinterest in all things technical. I simply like driving motorbikes, and that’s all. And why do I love motorbikes and don’t like cars? Because I love the wind, the cold and the warmth on my face: all the things you can only feel when you’re riding something that has two wheels. Oh, and one more thing: at the end of that day I confirmed a hunch I’ve been having for quite a few months now: I need a motorbike.
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Comments are closed.
  1. Federica Di Nardo

    28 March 2014 at 22:11

    Che bel look grintoso!

    The Cutielicious
    http://www.thecutielicious.com
    Federica