Parigi è una torta Paradiso

Parigi è una torta Paradiso

SAMSUNG CSC

Se la vita non fosse fatta d’avvenimenti non ci sarebbe vita, non sarebbe vita, non esisterebbe quel movimento frizzante di particelle che fanno ribollire il sangue. Belle o brutte che siano, accadono cose. E ciò che ho scritto è la cosa più banale del mondo, penso che siamo tutti d’accordo.
Ho sempre sostenuto che la frase things happen fosse una grande boiata, fino a quando non me la sono sentita dire da qualcuno e io l’ho intesa nel modo meno ridicolo e ovvio possibile. Eppure una frase è una frase, come può cambiare? Cambia.

A volte nella vita accadono cose se le vuoi fare accadere. Ieri, a Parigi, sono entrata in una libreria, di cui vi mostrerò presto le foto, e poi ho pianto. Ho pianto perché quella libreria era un mondo parallelo, un paradiso di carta profumato di vecchio, era quel vecchino con il camice che pareva un Paper-Cardiologo. Sono entrata in quel negozio perché avevo visto una copertina con sopra dei vecchi disegni a colori e a rilievo, sono entrata perché ero sicura che quel posto m’avrebbe emozionata, perché ero consapevole che al suo interno ci fossero cose magiche. La polvere sopra certi libri in realtà era una polverina magica. Ne sono sicura, anche perché se nessuno aveva spolverato era perché non potevano spazzar via la magia.
Ho fatto accadere una cosa che sapevo m’avrebbe fatta uscire da quella scatolina di carta col cuore felice, positiva anche grazie al Cardiologo. Ho scelto d’avere tempo di entrare in un non-luogo dove non avrei mai potuto comprare nulla, perché costava tutto una follia. Ho scelto che in quel momento volevo essere felice.

Accade che persone s’incontrino, e accade a Parigi perché l’hanno scelto. L’hanno scelto per caso? No, il caso ha guidato fino a quella scelta, che si rivelò giusta.
Ok, ci sono tornata a distanza di un mese, ma come mi succede con il mascarpone, dopo un po’ devo tornare nella mia pasticceria di fiducia e ordinarne un po’. Parigi è la mia pasticceria di fiducia, non proprio di mascarpone, ma di dolcezza, d’ispirazione, di meraviglia, è un(-a torta) Paradiso. Più ci vado e più ci voglio andare, perché ne sono golosa. E’ stupido rinunciare alle cose belle, alla pace, è stupido rinunciare all’altra te quando sei là, perché là sono romantica, e su questo non c’è dubbio, cosa che in genere non mi riesce molto bene.

Ma possibile che un dannatissimo groviglio di luci artificiali possa imbastire uno spartito mentale che parte dalla tempia destra e va a quella sinistra a imbastire la melodia “All or nothing at all” di Billie Holiday? Possibile che una vetrina con piramidi irregolari di cose vecchie mi possa far venire voglia di rinchiudermi lì a scrivere poesie, e a scrivere e basta all’infinito? Possibile che ogni ponte, ognuno diverso dall’altro, mi faccia venire voglia di fermarmici sopra, esattamente nel mezzo, e di sognare con gli occhi sbarrati?.
Ecco sì, Parigi aiuta a sognare, a fantasticare e anche a realizzare. Lì si realizzano cose, si realizzano avvenimenti, si realizza ciò che vuoi realizzare, perché lo puoi decidere, non c’entra il caso, o forse sì. 

Parigi con gli occhi di un’adolescente è un parco giochi dove ci sono Barbie e Ken che se ne vanno a spasso con la macchina rosa di lei, a vedere vetrine e a mangiare zucchero filato, Parigi con gli occhi di un’adulta è un parco dove ci sono Barbie e Ken che se ne vanno a spasso, a piedi, a mangiare gelato e a guardare per ore la Senna e i battelli che la fendono. Grande o piccina che tu sia, a Parigi devi guardare, è come se dovessi per forza diventare miope, è come se ad un certo punto dovessi metterti le mani davanti agli occhi e dire “adesso basta, mi fanno male”.
Adesso basta di guardare in cima ai palazzi, le finestre con le luci accese e delle donne lavorare, camminare da un punto all’altro, chissà se sono nervose, felici, o se stanno semplicemente lavorando. Adesso basta di chiederti se è tutto vero, perché è vero, adesso basta di inciampare sui tuoi stessi piedi, adesso basta di mangiare pane e burro, di far sciogliere sul palato financier, di contare quante mattonelle nere e quante bianche ci sono sul pavimento di quella boulangerie. Adesso basta di ripetere centinaia di volte “boulangerie”, ma ha un suono così dolce, dolce come le cose che ci sono dentro, che ci devo fare, di fermarti a fare foto a quelle case-barche che hanno sopra giocattoli, biciclette e piantine come se fossero villette al mare. Basta di pensare “Ma io perché non vengo a vivere qui?”.

No, alla fine basta un corno, io amo tutto questo: lo sniffare l’odore di dolce, lo spiare dalle finestre, il poter pensare che un giorno potrei anche vivere in un posto di cui ignoro la lingua, e manco mi piace, ci sta tutto. Perché Parigi mi piace e basta, mi sento in pace. Mi sento in pace a girare tra locandine colorate di una mostra (La fête du graphisme, andateci), a camminare da sola per la strada delle moto, a comprare cioccolata al caffè, a sedermi senza cercare il cellulare, a ricordarmi che lì era dove quei due del libro si sono incontrati e là dove lei beve il caffè in quel film.

Sento la bellezza della diversità ogni volta che vado, nonostante tutto sia sempre al proprio posto, la Torre è sempre lì, come anche la Senna.
Il punto è: io lì sento qualcosa.

Foto realizzate con Samsung Galaxy NX

SAMSUNG CSC

SAMSUNG CSC SAMSUNG CSC SAMSUNG CSC

SAMSUNG CSC SAMSUNG CSC SAMSUNG CSC SAMSUNG CSC SAMSUNG CSC SAMSUNG CSC SAMSUNG CSC SAMSUNG CSC SAMSUNG CSCSAMSUNG CSC SAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSCSAMSUNG CSC

Comments are closed.