Dialoghi con Lina (in sogno)

Dialoghi con Lina (in sogno)

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Dopo alcuni giorni dal mio rientro da Milano, in occasione  del viaggio di lavoro in Spagna di Lucia, mi è apparsa in sogno Lina. Chi è? Una donna? No, figuratevi, una gattina tutta pepe e con due occhi vispi, furbi e “parlanti”. Nel sogno Lina si accovacciava ai miei piedi e fissandomi, incominciava a parlarmi con un linguaggio tutto particolare  che solo io potevo capire.

Mi ricordava del “pestone” inferto da me che le procurò dolore e rabbia: di fatti sembrava davvero un gatto colpito da una rabbia furiosa. Per quella notte, incavolata, si rifiutò di dormire ai miei piedi. Tuttavia la mattina dopo era vispa, non claudicante, era il felino di sempre.
Lina aprii il suo cuore dicendomi che voleva tanto bene a Lucia, che considerava, come una mamma e si ricordava dell’attimo in cui le sue mani raccolsero il suo corpicino per portarselo al seno. Mi confessava di essere troppo intraprendente ed invadente e che “la mammina” era troppo paziente per le sue birichinate.
La interruppi, facendole una domanda: “Lina verresti a casa ad Arezzo?”.
Mi rispose che la casa di Arezzo è sempre nei suoi sogni, sì davvero! “Quella casa lì posso girarla tutta, fare di corsa le scale a chiocciola che portano al gazebo; ho fatto certe frenate sul pavimento che le unghie non avevano più bisogno di essere limate! Poi, Maurizio, la cosa che mi fa impazzire di piacere sono quelle tenere foglie delle piante che hai in casa, ed in particolare di quella pianta a foglie larghe, che mangiucchio ogni volta che vengo a trovarti, stando appollaiata sul marmo della specchiera stile Luigi XV. Mi hai anche tirato una ciabattata perché non avrei dovuto spizzicarla!
Lì ad Arezzo la sera dopo cena venivo sempre sul divano standoti vicino e tu mi accarezzavi: le tue carezze, perdonami, mi facevano dimenticare la mia dolce mammina. Certo a casa tua non mi è mancato né l’amore né il cibo, così squisito e ricercato; oddio, mi ricordo anche quando mi facesti un microclistere, avrei tanto voluto farti una bella soffiata!
Scusa, Maurizio, mi dovresti dire poi perché ogni tanto, ma direi quasi sempre, mi chiamavi ’Faffi’, chi era?”
“Cara Lina, Faffi era un gattone che ha riempito per 18 anni la nostra casa: era un gatto amoroso quando voleva, ma era anche geloso. Una volta tornando dall’ambulatorio dell’ASL per curare dei gatti randagi, non mi fece entrare in casa, soffiandomi e gonfiando, mi costrinse a cambiarmi di abito per le scale per poter, finalmente, accedere in casa. Si, Faffi era unico e lo ricorderò sempre”.

Lina avvicinandosi a me e strofinando il suo capino alla mia guancia, mi disse: “Ho capito, hai trovato in me Faffi II!”. E io allora le risposi: “Rimani dunque nella casa di Arezzo?”
“No, non posso, darei un dolore immenso alla mia mammina. Ciao a presto Maurizio!”.

(Nota della “mammina”: brava Lina, come farei senza di te!).

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