Il piacere del giornale (quello stampato)

Il piacere del giornale (quello stampato)

1384263_736326596381348_527597748_nLeggere il giornale è per me un piacere, che mi ha “accalappiato” se non dopo lunghe traversie. La cultura di leggere il “rettangolone stampato” mi è stato consigliata e diciamo, anche imposta da mio padre, che era un cultore, direi quasi un divoratore di letture giornalistiche, come quelle ciceroniane e quelle pirandelliane. Io ho sempre evitato, vi rendete conto alle Elementari, di mettermi a leggere o sfogliare le pagine di un quotidiano, preferivo fare i miei compiti e poi e poi, largo alle fantasie del gioco in un grande stanzone, freddo o troppo caldo, in compagnia dei miei amici. Io sono stato sempre un po’ “rebel”, qualità che mi sono portato fino ad oggi. Con il passare degli anni ero riuscito a migliorare, sfogliando celermente i giornali, con i miei occhi che ogni tanto si gettavano a capofitto su qualche notizia. Il miglioramento durò, ma facevo comunque poco uso della carta stampata anche perché il Liceo e Medicina Veterinaria mi avevano preso alla “gola”.

Come S. Paolo anch’io ebbi la mia Damasco: in una sera che tornavo da Bologna, dopo aver sostenuto l’ultimo esame, Clinica Medica, in treno, che si era fermato, non so per quale accidente, posi l’occhio su un quotidiano, lasciato lì; incominciai a sfogliarlo ed arrivato alla terza pagina presi a leggere una storia vera, accaduta nel periodo di guerra, dato che l’autore ne era un corrispondente. Praticamente lo divorai: era scritto in un italiano scorrevole e pulito. Mi “innamorai” di quel toscanaccio e lo seguì nei suoi articoli e libri e giornali che ha diretto.
Ora non c’è più, ma è stato proprio lui che mi ha invogliato a leggere un quotidiano, sempre alla ricerca della “famosa” terza pagina, quella riservata alle firme eccellenti. Da quella sera la mia attività giornaliera incominciava con il suo acquisto la mattina, e non ridete, il più delle volte  presto,  nel mio ufficio, aspettando i macellatori sfogliavo e divoravo le notizie, quelle in grassetto, e facevo pure commenti fumando di gusto (allora fumavo: non sono un pentito!).
Ponevo poi ben ripiegato il giornale nella mia borsa in uno scomparto a parte come fosse una reliquia, l’altra borsa era riservata ai ferri e medicine.

La sera dopo cena mi mettevo, come faccio ora, sprofondato sul divano tutto intento a leggere e sentivo una soddisfazione immane nel gustare questa lettura. Ogni tanto dalla mia bocca usciva qualche commento, a cui qualcuno rispondeva dall’altra stanza: “Che cosa hai detto? Anche Lucia, a Milano, mi risponde la stessa cosa, quando gli “apparecchio” il tavolo con il giornale e con l’aiuto della ciaccina (il gatto) che “sbracandosi” su di esso, impedisce il proseguo della lettura, con tanto di risata della padroncina. Padroncina che mi mette una pulce sull’orecchio, dicendomi: Ma non sarebbe meglio leggere il giornale in edizione digitale? Io rispondo semplicemente non è la stessa cosa: credo che la risposta non sia esauriente e quindi lascio agli amici “digitali” una risposta più esaustiva.

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