Bischerate

Bischerate

sestinoEcco! La storia è incominciata in questo piccolo paese, Sestino, Municipio Romano, e si è dipanata attraverso le sue case e stradine, che ohimè erano quasi sempre caratterizzate da una non indifferente pendenza; è la storia di quattro persone che si sono conosciute ed hanno fatto amicizia, una di quelle sane e improntate alla serietà come alle burle.
Mi domanderete chi erano questi quattro: erano persone che svolgevano un’attività importante per  la comunità: Il medico Condotto, il Veterinario, il farmacista e il comandante interinale della locale Stazione dei Carabinieri. Tutti avevano da servire un territorio impervio ma agevole per l’umanità della gente e notevole per il patrimonio animale (bovini).
Ci siamo conosciuti ed imparati a conoscersi nell’unico ristorante – albergo “La Fulvia”, eravamo tutti scapoli, incluso l’attempato Comandante.

Fra una portata di tagliatelle con i tartufi e carne ai ferri e buon vino, abbiamo stretto amicizia, le risate erano all’ordine non del giorno ma della sera, quando le nostre menti erano più libere  e la stanchezza si faceva sentire, ma svaniva tutto ad un tratto quando uno di noi aveva in mente qualche “bischerata” da inventare. Le bischerate furono tante, ma  una mi è rimasta  scolpita nel cuore.

Fu un giorno particolare: il Comandante mi accompagnò con la camionetta in una casa colonica, sita in una zona  così impervia, che la mia 500L non sarebbe mai riuscita  a raggiungere. Si trattava di una bovina di razza Marchigiana in travaglio ed io avevo il compito di aiutarla a partorire. Sembrava facile ma il vitello non aveva alcuna intenzione di uscire e per aiutarlo dovevo allacciare due funi alle zampine del nascituro; non riuscivo a raggiungerle ed allora, sudato com’ero, ordinai al contadino di portarmi una pressa di paglia, così da basso diventavo più alto della “marchigiana”. Il Comandante vedendo questa scena si mise a ridere tanto di gusto che gli uscivano le lacrime. Anch’io fui contagiato dalle risate e con l’aiuto di altre persone presenti e con le mie manipolazioni, si riuscì a far nascere questa nuova vita. Fu un esplosione di gioia: sì, di gioia perché far nascere una nuova vita ti inonda di felicità e soddisfazione; gli  abbracci e le “paccate” sulle spalle non si contavano. Il lieto evento fu premiato da un’abbondante colazione basata di prosciutto “lecca baffi” di Carpegna  e abbondante libagione di Verdicchio casareccio.

Le chiacchiere, le barzellette, i fatti di Sestino fecero da padrone allietando i commensali per tutto il tempo della colazione, no in effetti era la merenda. Il comandante fra risate e barzellette aveva bevuto qualche bicchiere di Verdicchio di troppo e fui costretto a mettermi alla guida della camionetta al ritorno. Per fortuna sua e mia,  nessuno ci vide, escluso quelle due “zitellone” curiose sempre dietro le finestre a “spiare”. Nel frattempo Alfredo, il farmacista, ci vide e mi aiutò a portare di peso il Comandante nella sua cameretta  della Stazione, dove per fortuna c’era come piantone uno giovane e per giunta con gli Alamari freschi, freschi di nomina, il quale salutando militarmente e balbettando ci dette una mano. Sembrava tutto a posto: il Comandante  si era addormentato come un bambino e per di più emetteva di tanto in tanto  un sibilo, quando ad Alfredo e al sottoscritto venne in mente di fare una bischerata; andammo a prendere da un amico comune, che come secondo mestiere faceva il necroforo, quattro grossi ceri, proprio quelli che si vedono in Chiesa nelle onoranze funebri: li posizionammo ai quattro lati del letto, senza farci sentire (ma che sentire, dormiva come un “sasso”).

Chiamammo il medico che si aggregò ben volentieri alla “nostra bischerata”: accendemmo i grossi ceri e ci mettemmo a sbiascicare litanie preghiere in latino e, per rendere l’atmosfera più reale, indossammo sai con cappuccio neri. In questa atmosfera, da camera ardente dopo circa mezzora contornata da litanie e “pianti” ed improvvise risate, rimbombò un urlo: “O Dio, dove sono?!”. Il Comandante aveva aperto gli occhi e per prima cosa chiamò a sé il medico, che gli confermò “il suo straordinario ritorno alla vita”.

“Allora non sono morto” ed il Comandante incominciò a ridere, a ridere tanto da contagiare tutti i presenti. Lo sapete come andò a finire? Finimmo tutti dalla “Fulvia” per allietare la nostra amicizia e le nostre “bischerate”.

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