L’UOMO DEL MONTE

L’UOMO DEL MONTE

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Da A a B, da qui a lì. Stacco netto, senza mezze misure. Dal rumore al silenzio, dal vocìo ad una sola voce. Dal freddo al caldo. Ti giri a destra mentre discorri sul perché a Monte San Savino ci siano due parrucchiere una davanti all’altra e nella vetrina di un negozio chiuso un gatto (vero) immobile come una statua di porcellana bianca e marrone, e vedi una porta.
Non ci sono tre opzioni come nei cartoni animati o nei film, ma una che vale per tre. Entri, ma si può entrare?, e c’è un cortile buio, subito dopo il quale si spiana col mattarello il giardino verde di Alice nel Paese delle Meraviglie. Cammini ancora sulla pasta verde e grigia (c’erano anche i sassolini) e vedi Arezzo sopra, sotto un Anfiteatro. Se t’accasci in uno di quei gradoni senti pure caldo, senti che i raggi di sole ti fanno una doccia, ti verrebbe voglia di spogliarti. Poi ti alzi, esci da lì, da quel microcosmo dove ci potresti anche vivere, non manca nulla, teatro, casa, giardino, panorama, e hai improvvisamente freddo. Ma non esci, non puoi uscire subito.
C’è qualcuno che entra, ed è un vecchino che gira che ti rigira t’attacca bottone. Ti spiega che qui non ci sta più nessuno, che ci sono i letti di pietra, che c’andava lui a scuola, che una volta è arrivato lassù in cima, gradino dopo gradino, saranno stati un centinaio, perché voleva vedere Monte San Savino da quella torre.“Io ho un sogno”.
Così ho pensato che non si finisce mai di avere sogni, che è un bene così, e che nonostante il vecchietto  mi abbia rivelato il suo desiderio in maniera malinconica, nel pieno della sua solitudine, quella fatta con le mani dietro la schiena e lo sguardo perso tra l’orizzonte e il terreno, e del suo bisogno di parlare, i sogni servono a tenersi accesi. Non importa se non li realizzerai mai, ciò che conta è averli, tanti o pochi. Banale, no? Eppure penso sia vero.
“Vorrei prendere un elicottero e vedere Monte San Savino dall’alto. Tutta.”
Sono quasi certa che il vecchietto non realizzerà mai il suo sogno, perché è uno di quelli a cui piace fantasticare, giocherellando con quelle fantasie che rimangano lì dietro le sbarre, nonostante abbiano il mazzo di chiavi per uscire fuori. E’ quello stato di perenne sospensione da cui certi traggono la forza per andare avanti, perché il sogno finisce subito una volta realizzato. E poi? Che succede?
Meglio un’irrequietezza perenne, un fermento vivo, un bollore continuo o raggiungere la quiete dopo la tempesta, la stabilità, arrivare alla “temperatura ideale”? Oppure, ancora meglio sognare, sperare che i nostri sogni diventino realtà per poi trovarsi subito un altro sogno da realizzare? Anche questa è vita, movimento, para-noia.
Il signore poi si è scusato per avere trattenuto me e la mia amica a parlare più del dovuto, ma poi è ritornato indietro a chiacchierare, e così via per tre-quattro volte, un tira-molla sofferto ma fisicamente allegro.
Magari in quel momento il signore sognava semplicemente di parlare, di sentirsi il padrone di quel luogo, spiegandoci quanti abitanti aveva il Monte, e quanti luoghi da visitare. Mica perché sia un sogno parlare con me, per carità, ma poter avere qualcuno che t’ascolti. Ecco, spesso questo è un miraggio, più  che sogno.

Ascoltare: lo so far meglio che parlare, tra i due, mi riesce meglio scrivere ciò che penso. E se spesso c’è un’intermittenza nel mio cervello e perdo il filo del discorso è perché sono molto propensa al sogno, al sognare sempre e comunque, specie da sveglia.

Giacca vintage
Pantaloni Stefanel
Scarpe Studio Pollini
Occhiali Tom Ford
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Comments are closed.
  1. TheDollsFactory

    4 January 2013 at 16:06

    quel vecchietto mi ricorda tanto mio nonno, che lo mandavi a comprare il pane per pranzo, ma visto che si fermava a chiacchierare con mezza citta il pane lo avevi in tempo per cena.
    Anche noi da vecchie ci metteremo in punti strategici cosi da poter trovare qualche fashion blogger che è li per fare le foto e raccontargli come funzionava ai nostri tempi… e confessargli i desideri che abbiamo ancora da realizzare come per esempio ‘mandare a quel paese tutti e aprire un vintage store a Rio de Janeiro’.

  2. Lilli

    4 January 2013 at 17:01

    Per fortuna ci sono i sogni che ci distaccano dalla realtà:) Che belle foto:) Un bacio!

  3. ChicToChic

    4 January 2013 at 19:15

    Parole sante!! I sogni ci tengono davvero in piedi! Sei fantastica Lucia.

    Marta